Protesi e vie d’accesso – Parte 3 di 4
Sono disponibili vari tipi di protesi. Come si orienta il chirurgo per suggerire quella più adatta alla paziente?
La scelta può essere complessa. Personalmente tendo a scegliere le protesi di gel al silicone, un materiale avvolto in una capsula che ha le peculiarità di essere morbido al tatto e prevenire eventuali rotture. Un altro motivo per cui preferisco queste protesi è che se con gli anni dovessero rompersi o usurarsi, cosa molto rara per altro, la capsula che riveste la protesi evita la dispersione del materiale nel corpo.
So che esistono vari tipi di vie d’accesso per l’inserimento delle protesi, sottoghiandolare, sottomuscolare, transascellare. Come fa il chirurgo a individuare qual è la più adatta e in cosa consistono le differenze?
Personalmente preferisco utilizzare la via sottomuscolare perché l’impianto mammario è un corpo estraneo che inserito al di sotto del muscolo pettorale ha maggiore protezione. Inoltre, la via sottomuscolare è preferibile anche per pazienti che hanno una corporatura asciutta. La via transascellare è molto interessante ma implica una selezione del paziente ristretta. L’incisione viene fatta nell’apice dell’ascella e per quella via si sposta il muscolo grande pettorale e con uno strumento apposito si forma quella che viene definita “la tasca” che ospiterà l’impianto. Il vantaggio è che la paziente quando si spoglierà non presenterà nessuna cicatrice sul torace perché saranno meravigliosamente nascoste nell’ascella. La paziente ideale per questa via d’accesso, è una donna dal fisico asciutto con una ghiandola mammaria piccola ed il capezzolo posizionato centralmente. Le donne con molto adipe e con un capezzolo non in posizione ottimale non sono adatte ma si possono operare con la via d’accesso del solco sottomammario.
E’ vero che si può anche evitare di inserire la protesi ma trasferire invece nell’area da riempire il proprio grasso corporeo? In che casi è consigliato questo metodo?
E’ una metodica molto interessante che richiede un tipo di paziente idoneo. La prima cosa è la quantità di tessuto adiposo che la paziente può donare a se stessa, magari prelevato da addome o fianchi con una certa quantità di grasso in eccesso. Si procede come nel lipofilling: si aspira quel tessuto adiposo e lo si processa, cioè lo si libera dalle impurità. Una volta purificato il tessuto si potrà inserire nelle parti che si vogliono aumentare come volume. Tenendo però conto che non sarà un aumento importante come da protesi.
Quando si ha una protesi, la sindrome premestruale di tensione al seno è ancora più fastidiosa o non cambia?
No, non cambia
QUNDO DEVONO ESSERE CAMBIATE LE PROTESI MAMAMRIE? E ANCORA: COSA SI Può MIGLIORARE CON L’INTERVENTO DI MASTOPLASTICA ADDITIVA OLTRE AL VOLUME? NE PARLIAMO QUI.